lunedì 6 luglio 2009

QUANTO MI COSTA UN TUFFO NEL (MIO) MARE

Signore e signori, altro record negativo per il Lazio.

La settimana scorsa io e Alfredo siamo stati a Fiumicino, era il 29 giugno, abbiamo pensato di trovare meno folla sulle spiagge, non essendo San Pietro e Paolo i santi patroni di tale comune! Volevamo prendere un po' di sole e farci un tuffo nelle acque torbide del litorale. Abbiamo steso i nostri asciugamani arcobaleno del "Settimo Cielo" e ci siamo sdraiati. La sensazione lungo la schiena di fare qualcosa di illegale, o meglio, di sapere di essere nel giusto, ma avere il presagio che qualcosa sarebbe andato comunque storto, l'abbiamo avuta dal primo momento. Infatti ci siam detti: "Vedrai che ci cacciano"!

Dopo circa un'oretta un ragazzo viene a chiudere un ombrellone e, quasi vergognoso, ci chiede: "Ragazzi, ce lo avete il biglietto?" E noi: "Quale biglietto?" "Dovete pagare 5 euro per stare qui".

Vi premetto che non sembrava l'entrata di uno stabilimento, ma un muretto con un'entrata libera, ma anche lo fosse stato, non averebbero avuto comunque il diritto di cacciarci, per di più quella spiaggia manco è lunga 10 metri, quindi eravamo sicuramente nell'area consentita.

Ho raccontato l'accaduto ad Alessandro, e mi ha detto: "E non siete andati dai Carabinieri?". No, maledetti noi, non l'abbiamo fatto. Un po' per non rovinarci una delle poche giornate che ci sono concesse senza stralavoro, un po' per il timore che neanche le forze dell'ordine sappiano bene di cosa si stia parlando. La prossima volta vado dritta in caserma, proprio stamane Alessandro ci ha inviato questo:

dal Corriere.it:

Ticket d’estate
La legge sul mare gratis?
Violata da 4 bagni su 5

Biglietti per accedere al bagnasciuga. Le peggiori sono Liguria e Lazio.
I Verdi: pochi e maltenuti i litorali liberi.


Ma il mare è di tut­ti? Sì, forse, dipende. Il mare è di tutti, ma in Italia non in tutte le Regioni costiere ci si può arri­vare liberamente. Nel senso di scendere a riva, sostare, passeg­giare, farsi un bagno, senza es­sere costretti a metter mano al portafogli. La legge dice che sì, certo che si può, ci manchereb­be, la Finanziaria 2006 obbliga i gestori degli stabilimenti bal­neari a consentire l’accesso gra­tuito alla battigia anche finaliz­zato alla balneazione. Ma poi ogni estate la guerra del mare gratuito ricomincia. È tutto scritto in un dossier dei Verdi: degli oltre 7.000 chi­lometri di spiagge italiane più del 45 per cento è reso inacces­sibile dal cemento e dagli stabi­limenti. Ma, cosa ancora più grave, solo 2-3 gestori di stabili­menti balneari su dieci, nelle re­gioni tirreniche e in alcuni trat­ti della costa abruzzese, consen­tono l’accesso gratuito ai ba­gnanti per arrivare al mare. Gli altri fanno pagare l’ingresso. «Abbiamo già ricevuto centina­ia di proteste - dice Angelo Bo­nelli dei Verdi -. La norma del 2006 è quasi completamente disattesa. Ma c’è di più: quel­la stessa norma obbligava le Regioni a fare un piano per il riequilibrio delle zo­ne in concessione e delle aree destinate a spiaggia libera. Nessuna l’ha fat­to».

Dov’è soprattutto che o paghi o ti cacciano via, pure in malo modo? In Liguria (75 per cento), Lazio (75 per cento), Campania (70 per cento), Toscana (65 per cen­to), Abruzzo (60 per cento). Nel dossier si citano luoghi e prez­zi. Pontecagnano (Salerno): si paga 3 euro per entrare nei lidi. «Prima succedeva, è vero, ma da un paio di anni non è più co­sì - si sorprende il capo della guardia costiera Sandro Deside­rio -. Noi controlliamo con due squadre al giorno, segna­lazioni non ne abbiamo avu­te, e comunque a Pontecagna­no ci sono molte spiagge libe­re». Ecco, appunto, le spiagge li­bere. Se ce ne fossero di più, se non fossero lontane, ma al­ternate agli stabilimenti, e se fossero tenute pulite invece di essere una discarica a cielo aperto, lo scenario cambie­rebbe. Invece sono poche, di­slocate male, e sporche. «Da noi o ci sono le rocce o c’è un grave problema di erosione della spiaggia - spiega Michele Bonomo presidente di Legambiente Campania -. Quello che man­ca è una pur minima pianifica­zione, per rendere fruibili le po­che spiagge libere esistenti, che invece sono abbandonate».

Sorrento, lì ci sono solo roc­ce e palafitte sul mare gestite dagli stabilimenti balneari: chie­dere di arrivare al mare senza pagare, manco a parlarne. Pre­go, sborsare dai 5 ai 10 euro. Vi­co Equense, poco lontano. Più spiagge, ma stessi problemi. «Sono anni che ogni estate scoppia questa polemica - si difende Riccardo Scarselli, pro­prietario di uno degli stabili­menti balneari più rinomati di Vico Equense, il Bikini, e presi­dente onorario del Sib, il sinda­cato italiano balneari -. Se mi chiedono di entrare non nego l’accesso, ma poi è lo stesso ba­gnante a rendersi conto che è assurdo. Che può fare? Il ba­gno, si asciuga un po’ in quei cinque metri di battigia conces­si dalla legge e se ne va. Che ci viene a fare qui? Qui si viene per avere dei servizi. Il punto è un altro: io chiederei ai Comuni di avere più spiagge libere».

Fregene, Ostia. Ci sono solo stabilimenti e bisogna pagare, dai 4 ai 10 euro. «A Ostia abbia­mo fatto una ricognizione - racconta Cristiana Avenali, di Legambiente Lazio -. Su 54 sta­bilimenti solo 13 hanno consen­tito l’accesso ai nostri volonta­ri». Saliamo ancora. Livorno? Qui i prezzi salgono: da 10 a 15 euro per l’ingresso. «Solo stabi­limenti, in città. La spiaggia li­bera sono lembi, francobolli - ironizza Gabriele Volpi, respon­sabile della campagna Mare Li­bero -. Abbiamo fatto di tutto, esposti alla magistratura, diffi­de, ma il Comune dice che da noi per ragioni di morfologia della costa la legge del 2006 non è applicabile». A Genova, s’infervora Stefa­no Salvetti di Adiconsum. Lui questa battaglia la conduce da tempo e non molla. «Su Corso Italia, in città, ci sono cento me­tri di spiaggia libera, altre zone sono abbandonate e chiuse da cancellate, il resto solo stabili­menti, che poi sono baracche, dove si paga l’ingresso da 5 a 7 euro. La prima spiaggia libera vera è a 20 chilometri. Abbia­mo aperto un tavolo di concer­tazione che non ha portato a nulla. E si continua a pagare».

Mariolina Iossa
06 luglio 2009


PS: lo stabilimento era "La Perla". Ieri invece siamo stati alla Buca, a Ostia, che contrariamente a quanto fa pensare il nome è carino e accogliete. Entrata libera, docce funzionanti, chiosco per bibite e caffè, servizi igienici gratuiti. Musica raggae.

Qui, sempre dal Corriere.it, la mappa delle spiagge italiane e le percentuali delle regioni peggiori. Col 75% di accessi negati troviamo proprio Lazio e Liguria.



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