Signore e signori, altro record negativo per il Lazio.
La settimana scorsa io e Alfredo siamo stati a Fiumicino, era il 29 giugno, abbiamo pensato di trovare meno folla sulle spiagge, non essendo San Pietro e Paolo i santi patroni di tale comune! Volevamo prendere un po' di sole e farci un tuffo nelle acque torbide del litorale. Abbiamo steso i nostri asciugamani arcobaleno del "Settimo Cielo" e ci siamo sdraiati. La sensazione lungo la schiena di fare qualcosa di illegale, o meglio, di sapere di essere nel giusto, ma avere il presagio che qualcosa sarebbe andato comunque storto, l'abbiamo avuta dal primo momento. Infatti ci siam detti: "Vedrai che ci cacciano"!
Dopo circa un'oretta un ragazzo viene a chiudere un ombrellone e, quasi vergognoso, ci chiede: "Ragazzi, ce lo avete il biglietto?" E noi: "Quale biglietto?" "Dovete pagare 5 euro per stare qui".
Vi premetto che non sembrava l'entrata di uno stabilimento, ma un muretto con un'entrata libera, ma anche lo fosse stato, non averebbero avuto comunque il diritto di cacciarci, per di più quella spiaggia manco è lunga 10 metri, quindi eravamo sicuramente nell'area consentita.
Ho raccontato l'accaduto ad Alessandro, e mi ha detto: "E non siete andati dai Carabinieri?". No, maledetti noi, non l'abbiamo fatto. Un po' per non rovinarci una delle poche giornate che ci sono concesse senza stralavoro, un po' per il timore che neanche le forze dell'ordine sappiano bene di cosa si stia parlando. La prossima volta vado dritta in caserma, proprio stamane Alessandro ci ha inviato questo:
dal Corriere.it:
Ticket d’estate
La legge sul mare gratis?
Violata da 4 bagni su 5
Biglietti per accedere al bagnasciuga. Le peggiori sono Liguria e Lazio.
I Verdi: pochi e maltenuti i litorali liberi.
Ma il mare è di tutti? Sì, forse, dipende. Il mare è di tutti, ma in Italia non in tutte le Regioni costiere ci si può arrivare liberamente. Nel senso di scendere a riva, sostare, passeggiare, farsi un bagno, senza essere costretti a metter mano al portafogli. La legge dice che sì, certo che si può, ci mancherebbe, la Finanziaria 2006 obbliga i gestori degli stabilimenti balneari a consentire l’accesso gratuito alla battigia anche finalizzato alla balneazione. Ma poi ogni estate la guerra del mare gratuito ricomincia. È tutto scritto in un dossier dei Verdi: degli oltre 7.000 chilometri di spiagge italiane più del 45 per cento è reso inaccessibile dal cemento e dagli stabilimenti. Ma, cosa ancora più grave, solo 2-3 gestori di stabilimenti balneari su dieci, nelle regioni tirreniche e in alcuni tratti della costa abruzzese, consentono l’accesso gratuito ai bagnanti per arrivare al mare. Gli altri fanno pagare l’ingresso. «Abbiamo già ricevuto centinaia di proteste - dice Angelo Bonelli dei Verdi -. La norma del 2006 è quasi completamente disattesa. Ma c’è di più: quella stessa norma obbligava le Regioni a fare un piano per il riequilibrio delle zone in concessione e delle aree destinate a spiaggia libera. Nessuna l’ha fatto».
Dov’è soprattutto che o paghi o ti cacciano via, pure in malo modo? In Liguria (75 per cento), Lazio (75 per cento), Campania (70 per cento), Toscana (65 per cento), Abruzzo (60 per cento). Nel dossier si citano luoghi e prezzi. Pontecagnano (Salerno): si paga 3 euro per entrare nei lidi. «Prima succedeva, è vero, ma da un paio di anni non è più così - si sorprende il capo della guardia costiera Sandro Desiderio -. Noi controlliamo con due squadre al giorno, segnalazioni non ne abbiamo avute, e comunque a Pontecagnano ci sono molte spiagge libere». Ecco, appunto, le spiagge libere. Se ce ne fossero di più, se non fossero lontane, ma alternate agli stabilimenti, e se fossero tenute pulite invece di essere una discarica a cielo aperto, lo scenario cambierebbe. Invece sono poche, dislocate male, e sporche. «Da noi o ci sono le rocce o c’è un grave problema di erosione della spiaggia - spiega Michele Bonomo presidente di Legambiente Campania -. Quello che manca è una pur minima pianificazione, per rendere fruibili le poche spiagge libere esistenti, che invece sono abbandonate».
Sorrento, lì ci sono solo rocce e palafitte sul mare gestite dagli stabilimenti balneari: chiedere di arrivare al mare senza pagare, manco a parlarne. Prego, sborsare dai 5 ai 10 euro. Vico Equense, poco lontano. Più spiagge, ma stessi problemi. «Sono anni che ogni estate scoppia questa polemica - si difende Riccardo Scarselli, proprietario di uno degli stabilimenti balneari più rinomati di Vico Equense, il Bikini, e presidente onorario del Sib, il sindacato italiano balneari -. Se mi chiedono di entrare non nego l’accesso, ma poi è lo stesso bagnante a rendersi conto che è assurdo. Che può fare? Il bagno, si asciuga un po’ in quei cinque metri di battigia concessi dalla legge e se ne va. Che ci viene a fare qui? Qui si viene per avere dei servizi. Il punto è un altro: io chiederei ai Comuni di avere più spiagge libere».
Fregene, Ostia. Ci sono solo stabilimenti e bisogna pagare, dai 4 ai 10 euro. «A Ostia abbiamo fatto una ricognizione - racconta Cristiana Avenali, di Legambiente Lazio -. Su 54 stabilimenti solo 13 hanno consentito l’accesso ai nostri volontari». Saliamo ancora. Livorno? Qui i prezzi salgono: da 10 a 15 euro per l’ingresso. «Solo stabilimenti, in città. La spiaggia libera sono lembi, francobolli - ironizza Gabriele Volpi, responsabile della campagna Mare Libero -. Abbiamo fatto di tutto, esposti alla magistratura, diffide, ma il Comune dice che da noi per ragioni di morfologia della costa la legge del 2006 non è applicabile». A Genova, s’infervora Stefano Salvetti di Adiconsum. Lui questa battaglia la conduce da tempo e non molla. «Su Corso Italia, in città, ci sono cento metri di spiaggia libera, altre zone sono abbandonate e chiuse da cancellate, il resto solo stabilimenti, che poi sono baracche, dove si paga l’ingresso da 5 a 7 euro. La prima spiaggia libera vera è a 20 chilometri. Abbiamo aperto un tavolo di concertazione che non ha portato a nulla. E si continua a pagare».
Mariolina Iossa
06 luglio 2009
PS: lo stabilimento era "La Perla". Ieri invece siamo stati alla Buca, a Ostia, che contrariamente a quanto fa pensare il nome è carino e accogliete. Entrata libera, docce funzionanti, chiosco per bibite e caffè, servizi igienici gratuiti. Musica raggae.
Qui, sempre dal Corriere.it, la mappa delle spiagge italiane e le percentuali delle regioni peggiori. Col 75% di accessi negati troviamo proprio Lazio e Liguria.
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La settimana scorsa io e Alfredo siamo stati a Fiumicino, era il 29 giugno, abbiamo pensato di trovare meno folla sulle spiagge, non essendo San Pietro e Paolo i santi patroni di tale comune! Volevamo prendere un po' di sole e farci un tuffo nelle acque torbide del litorale. Abbiamo steso i nostri asciugamani arcobaleno del "Settimo Cielo" e ci siamo sdraiati. La sensazione lungo la schiena di fare qualcosa di illegale, o meglio, di sapere di essere nel giusto, ma avere il presagio che qualcosa sarebbe andato comunque storto, l'abbiamo avuta dal primo momento. Infatti ci siam detti: "Vedrai che ci cacciano"!
Dopo circa un'oretta un ragazzo viene a chiudere un ombrellone e, quasi vergognoso, ci chiede: "Ragazzi, ce lo avete il biglietto?" E noi: "Quale biglietto?" "Dovete pagare 5 euro per stare qui".
Vi premetto che non sembrava l'entrata di uno stabilimento, ma un muretto con un'entrata libera, ma anche lo fosse stato, non averebbero avuto comunque il diritto di cacciarci, per di più quella spiaggia manco è lunga 10 metri, quindi eravamo sicuramente nell'area consentita.
Ho raccontato l'accaduto ad Alessandro, e mi ha detto: "E non siete andati dai Carabinieri?". No, maledetti noi, non l'abbiamo fatto. Un po' per non rovinarci una delle poche giornate che ci sono concesse senza stralavoro, un po' per il timore che neanche le forze dell'ordine sappiano bene di cosa si stia parlando. La prossima volta vado dritta in caserma, proprio stamane Alessandro ci ha inviato questo:
dal Corriere.it:
Ticket d’estate
La legge sul mare gratis?
Violata da 4 bagni su 5
Biglietti per accedere al bagnasciuga. Le peggiori sono Liguria e Lazio.
I Verdi: pochi e maltenuti i litorali liberi.
Ma il mare è di tutti? Sì, forse, dipende. Il mare è di tutti, ma in Italia non in tutte le Regioni costiere ci si può arrivare liberamente. Nel senso di scendere a riva, sostare, passeggiare, farsi un bagno, senza essere costretti a metter mano al portafogli. La legge dice che sì, certo che si può, ci mancherebbe, la Finanziaria 2006 obbliga i gestori degli stabilimenti balneari a consentire l’accesso gratuito alla battigia anche finalizzato alla balneazione. Ma poi ogni estate la guerra del mare gratuito ricomincia. È tutto scritto in un dossier dei Verdi: degli oltre 7.000 chilometri di spiagge italiane più del 45 per cento è reso inaccessibile dal cemento e dagli stabilimenti. Ma, cosa ancora più grave, solo 2-3 gestori di stabilimenti balneari su dieci, nelle regioni tirreniche e in alcuni tratti della costa abruzzese, consentono l’accesso gratuito ai bagnanti per arrivare al mare. Gli altri fanno pagare l’ingresso. «Abbiamo già ricevuto centinaia di proteste - dice Angelo Bonelli dei Verdi -. La norma del 2006 è quasi completamente disattesa. Ma c’è di più: quella stessa norma obbligava le Regioni a fare un piano per il riequilibrio delle zone in concessione e delle aree destinate a spiaggia libera. Nessuna l’ha fatto».
Dov’è soprattutto che o paghi o ti cacciano via, pure in malo modo? In Liguria (75 per cento), Lazio (75 per cento), Campania (70 per cento), Toscana (65 per cento), Abruzzo (60 per cento). Nel dossier si citano luoghi e prezzi. Pontecagnano (Salerno): si paga 3 euro per entrare nei lidi. «Prima succedeva, è vero, ma da un paio di anni non è più così - si sorprende il capo della guardia costiera Sandro Desiderio -. Noi controlliamo con due squadre al giorno, segnalazioni non ne abbiamo avute, e comunque a Pontecagnano ci sono molte spiagge libere». Ecco, appunto, le spiagge libere. Se ce ne fossero di più, se non fossero lontane, ma alternate agli stabilimenti, e se fossero tenute pulite invece di essere una discarica a cielo aperto, lo scenario cambierebbe. Invece sono poche, dislocate male, e sporche. «Da noi o ci sono le rocce o c’è un grave problema di erosione della spiaggia - spiega Michele Bonomo presidente di Legambiente Campania -. Quello che manca è una pur minima pianificazione, per rendere fruibili le poche spiagge libere esistenti, che invece sono abbandonate».
Sorrento, lì ci sono solo rocce e palafitte sul mare gestite dagli stabilimenti balneari: chiedere di arrivare al mare senza pagare, manco a parlarne. Prego, sborsare dai 5 ai 10 euro. Vico Equense, poco lontano. Più spiagge, ma stessi problemi. «Sono anni che ogni estate scoppia questa polemica - si difende Riccardo Scarselli, proprietario di uno degli stabilimenti balneari più rinomati di Vico Equense, il Bikini, e presidente onorario del Sib, il sindacato italiano balneari -. Se mi chiedono di entrare non nego l’accesso, ma poi è lo stesso bagnante a rendersi conto che è assurdo. Che può fare? Il bagno, si asciuga un po’ in quei cinque metri di battigia concessi dalla legge e se ne va. Che ci viene a fare qui? Qui si viene per avere dei servizi. Il punto è un altro: io chiederei ai Comuni di avere più spiagge libere».
Fregene, Ostia. Ci sono solo stabilimenti e bisogna pagare, dai 4 ai 10 euro. «A Ostia abbiamo fatto una ricognizione - racconta Cristiana Avenali, di Legambiente Lazio -. Su 54 stabilimenti solo 13 hanno consentito l’accesso ai nostri volontari». Saliamo ancora. Livorno? Qui i prezzi salgono: da 10 a 15 euro per l’ingresso. «Solo stabilimenti, in città. La spiaggia libera sono lembi, francobolli - ironizza Gabriele Volpi, responsabile della campagna Mare Libero -. Abbiamo fatto di tutto, esposti alla magistratura, diffide, ma il Comune dice che da noi per ragioni di morfologia della costa la legge del 2006 non è applicabile». A Genova, s’infervora Stefano Salvetti di Adiconsum. Lui questa battaglia la conduce da tempo e non molla. «Su Corso Italia, in città, ci sono cento metri di spiaggia libera, altre zone sono abbandonate e chiuse da cancellate, il resto solo stabilimenti, che poi sono baracche, dove si paga l’ingresso da 5 a 7 euro. La prima spiaggia libera vera è a 20 chilometri. Abbiamo aperto un tavolo di concertazione che non ha portato a nulla. E si continua a pagare».
Mariolina Iossa
06 luglio 2009
PS: lo stabilimento era "La Perla". Ieri invece siamo stati alla Buca, a Ostia, che contrariamente a quanto fa pensare il nome è carino e accogliete. Entrata libera, docce funzionanti, chiosco per bibite e caffè, servizi igienici gratuiti. Musica raggae.
Qui, sempre dal Corriere.it, la mappa delle spiagge italiane e le percentuali delle regioni peggiori. Col 75% di accessi negati troviamo proprio Lazio e Liguria.
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Mi sa che Barbara ha qualcosa da dire!
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