lunedì 4 gennaio 2010

MALASANITA'

«Il mio bimbo morto per un’ingessatura Fermate la mattanza»

«Al Sud tragedie per interventi banali»

Dopo il caso di Francesca, la bimba di 2 anni e mezzo a cui è stato ingessato il braccio sano (e la cui vicenda è stata raccontata sul giornale di sabato), al «Corriere» è arrivata la lettera di Fatima Bonanno, mamma di Andrea. Un altro caso di malasanità, ma dall’esito più drammatico: nello stesso ospedale (l’Annunziata di Cosenza) e nello stesso reparto (Ortopedia e traumatologia) in cui è stata ricoverata Francesca, il piccolo Andrea ha perso la vita, nell’ottobre 2005, per le complicazioni causate da un’ingessatura troppo stretta. Una morte che ha portato alla condanna, in primo grado, di tre medici della clinica calabrese.

Caro Direttore,
sono Fatima, la mamma di Andrea Bonanno, il bambino di 7 anni che nell’ottobre del 2005 ha perso la vita nell’Ospedale civile Annunziata di Cosenza per un’ingessatura troppo stretta applicatagli al braccio.
Scrivo questa lettera perché l’ultimo dell’anno, in Calabria, si è verificato l’ennesimo caso di malasanità. Nello stesso ospedale, stesso reparto di Ortopedia e traumatologia, in cui ha perso la vita mia figlio, a una bambina di due anni e mezzo è stato ingessato il braccio sano anziché quello fratturato, e ai lamenti della bambina la risposta dei sanitari era che faceva dei capricci, esattamente come si diceva per Andrea. Fortunatamente la bimba non ha subito danni, purtroppo per Andrea non è stato così. Il 26 settembre scorso, il Tribunale penale di Cosenza in composizione monocratica, nella persona del dottor Gianfranco Grillone, ha condannato tre medici. Due per omicidio colposo tra cui il primario del reparto, e uno per falso, per aver alterato la cartella clinica di Andrea. Come si vede, qui non ci facciamo mancare proprio niente!

Andrea Bonanno, morto nel 2005 a 7 anni
Andrea Bonanno, morto nel 2005 a 7 anni
La nostra è stata una lunga battaglia legale, che ci ha portato a scontrarci con il sistema; in questo processo c’è stato di tutto: dalle perizie false, dalle quali il Gup ha preso le distanze sconfessando i suoi stessi periti e rinviando a giudizio gli ortopedici, ai numerosissimi incontri con i rappresentanti delle istituzioni, tra i quali risalta, nel giugno 2008, l’incontro con il ministro di Grazia e giustizia Angelino Alfano. Tantissimi gli sforzi compiuti da me e mio marito per assicurare una degna difesa ad Andrea, almeno da morto, visto che non siamo stati in grado di proteggerlo da vivo. In dibattimento, abbiamo affidato il caso all’avvocato professor Carlo Taormina e all’avvocato Enzo Belvedere del Foro di Cosenza; le consulenze sono state assegnate al professor Alessandro dell’Erba della prima Università di Bari, e al professor Lamberto Perugia, massima espressione dell’ortopedia italiana.

In corso di causa, al giudice lo stesso Perugia ha riferito tante cose, ma una mi ha sconvolto e frustrato particolarmente: che per salvare la vita di Andrea sarebbe bastato che quegli ortopedici avessero seguito le regole basilari, quelle che a suo dire si insegnano ai tirocinanti. Per adesso la giustizia ha trionfato in un’aula di tribunale, ma è difficile che questo risultato risani ciò che si è spezzato irrimediabilmente nelle nostre vite. Il giudice, nella sua sentenza, con motivazioni contestuali denuncia il sistema; questi sono alcuni passaggi della motivazione: «Si è detto che Andrea Bonanno è stato vittima della trascuratezza, quando invece in quei pochi giorni di ricovero è stato visitato, curato, seguito da decine tra medici ed infermieri delle più diverse branche, fatto oggetto delle più svariate consulenze, sottoposto a una serie innumerevoli di trattamenti ed accertamenti; eppure la struttura che avrebbe dovuto garantirgli la guarigione da una banale frattura lo ha ucciso. Il piccolo Andrea è stato prima di tutto vittima di un sistema che concepisce il malato come una sorta di fantoccio inanimato, un contenitore di organi e di ossa trasportato da un reparto all’altro perché, nelle migliori delle eventualità, questi e quelle vegano "prese in carico" dagli specialisti di settore, o perché nella peggiore, chi si sia trovato a "gestire" il "paziente critico" sia messo un domani in condizione di poter dire (e, soprattutto, poter documentare) che nessun sintomo è stato trascurato, nessun esame è stato omesso, nessuna consulenza non è stata invocata; poi c’è un bambino che si lamenta per un gesso troppo stretto, ne porta i sintomi che anche un profano sarebbe in grado di decifrare... ma "il sistema" ha ormai reso tutti ciechi e sordi».

Forse è troppo scomodo tutto questo, qualcuno penserà che è troppo duro, ma io che ho assistito alla sofferenza e alla morte di mio figlio penso che è stato quasi divino. È come se il giudice avesse visto attraverso i miei occhi e quelli di mio figlio tutto l’accaduto. Tra non molto ci sarà il giudizio di appello, lotteremo con tutte le forze affinché siano confermate le condanne, così come continueremo a lottare per l’applicazione delle sanzioni disciplinari ai medici condannati che, a tutt’oggi, continuano a svolgere la propria attività come se non fosse successo nulla. Anche la Commissione parlamentare sugli errori sanitari, a riguardo, ha chiesto espressamente al Presidente Loiero che ciò venga fatto al più presto, ma ancora non è stato possibile raggiungere questo traguardo, che per me è il più importante, perché solo quando tutto questo accadrà, Andrea forse avrà giustizia.

Qui la gente perde la vita, non perché viene sottoposta a degli interventi di alta chirurgia, dove i rischi sono messi in conto, bensì per appendicite, per ascesso tonsillare o peggio ancora per un semplice gesso. È forse chiedere troppo, desiderare che qualcuno faccia qualcosa per fermare questa mattanza? Ma non con parole o false promesse, con fatti concreti. E per chi pensa che questi casi non meritino la stessa valenza dei casi di cronaca, quella fatta da persone senza una morale, senza scrupoli, vi assicuro, data la mia esperienza personale, che non c’è alcuna differenza. Anzi, ci si sente doppiamente traditi, perché ho affidato mio figlio a dei medici, credendo che fosse in buone mani, ma così non è stato. E una volta che mio figlio è morto, in quell’esatto momento ha smesso di essere qualcuno ed è diventato solo qualcosa per cui liberarsi al più presto da ogni responsabilità.

C’è chi ha falsificato la cartella clinica, c’è la cosiddetta Commissione interna che con assoluta mancanza di rispetto verso la morte di un bambino, e dei suoi genitori, senza aspettare neanche l’esito dell’autopsia, era già pronta a sostenere ipotesi assolutorie, «nessun colpevole». Ho sbagliato a pensare che i medici per la semplice scelta della nobile professione abbiano per forza anche l’animo nobile e dei principi morali. A mie spese, però, ho scoperto che non è così, loro si difendono anche quando sono così evidenti le proprie colpe. Affido questa lettera, semplice contenitore di un dolore in realtà incontenibile, a tutti i lettori, sperando, o forse sognando, che qualcosa o qualcuno possa porre fine a tante ingiustizie.

Mamma di Andrea
04 gennaio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

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