giovedì 24 giugno 2010

L'AQUILA DA CONOSCERE



"Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio. Le racconto del centro militarizzato.

Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l'ICI e i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa ,che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo. Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un'appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz'anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore."


Cercando fonti di questo scritto in internet (non che ne servano, chi importa chi l'ha scritto se quel che c'è scritto è palesemente vero), trovo note di critica, trovo gente che chiama i terremotati de L'Aquila piagnoni. Che i friulani non piansero altrettanto, ma orgogliosi si rimboccarono le maniche. Che chi aspetta ristrutturazioni dallo Stato deve aspettarsi burocrazia e sugli approfittatori, beh, ognuno ha quel che si merita. Quel che si merita?

Bella l'empatia, bella la compassione. Ma meglio il non volersi immedesimare nei panni dell'altro. Si campa davvero meglio. Qui il link, con il testo de l'aquilana tranciato, ma in compenso con molti assensi al seguito:


Forse sotto il terremoto del Friuli il Governo e i politicanti tutti non stavano a farsi solo gli affari propri, sperperando soldi pubblici, pagando mignotte, costruendo ville, raccomandando amici; forse per questo agli aquilani brucia un poco di più il peperone. O sbaglio?

Vanessa

1 commento:

  1. C'è un fatto inquietante in più, che è la domanda che giustamente si pone Vanessa. Io aggiungo pure che sono gli italiani ad esser cambiati. 30 anni fa nessuno avrebbe mai detto nulla del genere contro gli Aquilani. Valori come la solidarietà non sono innati, come tutti i valori, ma vanno insegnati e questo non è il tempo dei valori. Non lo è nei film, nelle trasmissioni televisive, nelle star tutto fumo e poca sostanza, nella Politica dei soliti noti, apparenza e poca sostanza anche qui, nel voler giocare e vantarsi di essere "cattivi" perchè il buono è fuori moda, chiamandolo buonismo per dargli un'accezione negativa. Per credersi anticonformisti e dire io esisto.

    E' una società in cui l'unico dato oggettivo sono i soldi. Hanno operato bene, come dico sempre, non devi nascondere gli scandali, basta che la gente non si scandalizzi più ed ormai capisce e quasi giustifica chi approfitta per soldi.

    In tutta questa deriva, io mi tengo stretto i miei cari vecchi valori cristiani, che in tutti i modi si sta tentando di distruggere (anche grazie al marcio fetido presente in Vaticano, avrò diritto di dirlo visto che sono cattolico?). Quelli che mettono la persona al centro di tutto. Quelli che non chiamano "risorse umane" i lavoratori, quelli che considerano la cassiera della GS qui vicino, la signora che ci fa le pulizie, allo stesso modo del direttore generale della più grossa azienda petrolifera italiana per la quale sto lavorando. Quelli di "amate i vostri nemici", quelli di "là dov'è il vostro tesoro sta il vostro cuore", quelli dell'unico comandamento "che vi amate gli uni gli altri".

    Io continuo a dire che se fossi un politico punterei tutto su (peraltro economiche) campagne di sensibilizzazione, di senso civico, mi metterei ad un tavolo con le varie componenti politiche e direi troviamo dei valori condivisi da trasmettere a questa società.

    Ma ovviamente questo è pericoloso, perchè poi le strade si ripuliscono da sole, la gente va a manifestare per solidarietà con gli aquilani, non c'è più il "divide et impera" tanto caro agli Antichi Romani.

    Tutto ciò porta a divisioni sempre più marcate, che trovano il culmine nell'individualismo, si tratti di individui, di piccoli gruppi o pezzi di Stato (come la Padania, che non esiste ed ha ragione Fini).

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