sabato 31 ottobre 2009
LA PROPOSTA DEL PDL per il telemarketing
venerdì 30 ottobre 2009
BESTIE
Detenuti, nel rapporto Antigone i casi di violenze, torture e suicidi in cella
Il caso Cucchi riporta alla ribalta il tema dei diritti dei carcerati
30 ottobre 2009
LA MAMMA DI FEDERICO - 2005
RABBIA e IMPOTENZA (mie)
Questa volta chiarezza subito
30 ottobre 2009
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dal Corriere.it
ANCORA IN SERVIZIO???
MA COME GLI VIENE IN MENTE...
giovedì 29 ottobre 2009
Un incubo già vissuto
In Italia la polizia uccide.
STAMPA ESTERA
di Giovanni Valentini
UNIVERSITA' PUBBLICA ADDIO
martedì 27 ottobre 2009
lunedì 26 ottobre 2009
QUANTO CO2 PRODUCIAMO?
http://racconta.repubblica.it/wwf-calcolatore-co2/main.php
sabato 24 ottobre 2009
MARRAZZO
venerdì 23 ottobre 2009
OGNI TANTO QUALCOSA DI BUONO LA DICIAMO
L'APPELLO DEL CAPO DELLO STATO
Immigrazione, il monito di Napolitano: siamo stati emigranti, ricordiamocene
«Oggi che accogliamo immigrati non dovremmo mai dimenticare che siamo stati un Paese di emigrazione»
MILANO - «Oggi che accogliamo immigrati nel nostro Paese e siamo diventati un Paese di immigrazione non dovremmo mai dimenticare che siamo stati un Paese di emigrazione». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine dell’inaugurazione, al Vittoriano, accompagnato dal presidente della Camera Gianfranco Fini, del nuovo Museo dell’emigrazione italiana. Il capo dello Stato ha ricordato gli italiani emigrarono con un «flusso straordinario» verso altri paesi e che andarono lì «in condizioni durissime che non dovremmo mai dimenticare». Quello dell’emigrazione, ha specificato l'inquilino del Colle, «è stato un capitolo essenziale della storia dell’Italia e nel momento in cui ci apprestiamo a celebrare il 150esimo anno dell’Unità non possiamo dimenticare il fatto che nell’Italia, seppure unita, tanti italiani non poterono trovare lavoro e modo di vivere e furono costretti a partire».
23 ottobre 2009
mercoledì 21 ottobre 2009
STAZIONE DI OSTIA ANTICA
POSTE ITALIANE
NON DICO VEGETARIANI, MA MENO CARNE E' MEGLIO PER TUTTI!
La bistecca che distrugge il pianeta
NEW YORK – L’impatto ambientale del consumo di carne è molto più devastante di quanto non si sia pensato fino ad ora. Lo affermano gli scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, uno studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine dove affermano che oltre metà dei gas serra (o GHG) prodotti oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame.
Ma secondo le più recenti rilevazioni effettuate da Goodland e Anhang il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta.
La conclusione dei due ricercatori è drastica quanto inevitabile: “Per invertire il devastante trend che sta inesorabilmente modificando il clima del pianeta Terra basterebbe sostituire i prodotti animali con quelli a base di soia o di altre colture vegetali. “Questo approccio avrebbe effetti molto più rapidi sulle emissioni di GHG e sull’effetto serra di qualsiasi altra iniziativa per rimpiazzare i combustibili fossili con energia rinnovabile”, affermano i due esperti.
Non si tratta, insomma, dell’ennesima moda alimentare o imperativo etico-religioso ma di una condicio sine qua non per assicurarsi che il nostro meraviglioso pianeta esista ancora per i figli dei nostri figli. Prima che sia troppo tardi.
PERCHE' ALTRI FUGGONO?
LAUREATA NEL '94, MARIA GRAZIA DI CERTO LAVORA AL CNR
«Io, ancora precaria e single a 41 anni con dieci contratti da ricercatrice»
La delusione dello stop alla stabilizzazione nel 2007. «Non guardo al futuro»
Maria Grazia Di Certo |
Antonella Baccaro
21 ottobre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
SEMPRE PIU' GIU'
Libertà di stampa, peggiora l'Italia
Dalla 44esima alla 49esima posizione. Male anche in Francia.
Migliorano gli Usa: con Obama da 40 a 20
martedì 20 ottobre 2009
AUTOBUS ECOCOMPATIBILI
SONO MOSSI DA BATTERIE CON POCA AUTONOMIA MA A RAPIDO «RIFORNIMENTO»
I bus che si ricaricano alla fermata
A Shangai il trasporto si basa su veicoli «ultracapacitor», economici e a basso impatto ambientale
MILANO - Le pensiline si trasformano in stazioni di rifornimento elettrico per bus che si muovono in città grazie a batterie in grado di ricaricarsi in pochi istanti. Non è fantascienza, ma ciò che avviene da qualche mese su una linea di trasporto di Shanghai, i cui veicoli sono alimentati grazie a dei supercondensatori al carbone attivo, detti ultracapacitor. Una tecnologia pronta all’uso, in grado di migliorare la qualità dell’aria: per dimostrarlo ulteriormente un minibus alimentato allo stesso modo accompagnerà gli studenti dell’Università di Washington in giro per il campus. Ma presto questi veicoli potrebbero muoversi per le strade di New York, Chicago e in alcune città della Florida.
DIMENSIONI - In realtà gli ultracapacitor esistono da una quarantina d’anni, ma le loro dimensioni erano troppo grandi per consentire una loro applicazione nel settore dei trasporti. Un inconveniente risolto grazie al lavoro del Mit di Boston, che li ha perfezionati, riducendone le dimensioni, aumentandone l’efficienza e rendendone possibile la produzione a livello industriale. Gli ultracapacitor non sono in grado di accumulare molta energia ( hanno una densità energetica di 6 wattora per chilo, contro i 200 wattora di una batteria agli ioni di litio) e si scaricano abbastanza rapidamente. Per il momento, quindi, non sono quindi adatti ad alimentare le auto private (nonostante siano già stati costruiti dei prototipi), perché dovrebbero far rifornimento circa ogni 3 chilometri.
RISPARMI - Tuttavia, alcune industrie automobilistiche, come Foton America, casa produttrice degli autobus che si spostano lungo le strade di Shanghai, hanno pensato di applicare la stessa tecnologia al trasporto pubblico. Gli autobus urbani infatti sono costretti a sostare anche un paio di minuti alle fermate, a volte abbastanza ravvicinate tra loro, per permettere ai passeggeri di scendere e salire a bordo. È sufficiente, quindi, sostituire alcune pensiline con delle stazioni di ricarica, che consentono di fare rifornimento in pochi istanti. C’è di più: questi autobus sono in grado di assorbire l’energia prodotta da ogni frenata e le pensiline ricaricanti possono essere equipaggiate con pannelli fotovoltaici, riducendo ulteriormente le emissioni. Dal punto dei vista dei costi, per far muovere un autobus simile occorre un decimo dell’energia necessaria per far circolare un normale bus a diesel, con un risparmio di 200mila dollari di carburante, calcolato per il ciclo di vita di ogni veicolo.
I LIMITI - Restano alcuni limiti: l’accelerazione rimane debole e i bus riducono la loro autonomia del 35% quando si accende l’aria condizionata. Ma al Mit stanno lavorando per aumentare la densità energetica degli ultracapacitor, che in un futuro non lontano potrebbero quintuplicare la loro capacità di immagazzinare energia e consentire un uso ancora più esteso nel settore dei trasporti, abbattendo il numero delle stazioni di servizio.
Del resto il tempo stringe: secondo quanto stabilito dal G20 entro il 2050 ciascun abitante del pianeta dovrà limitare a 2 tonnellate l’anno le proprie emissioni di Co2 (contro le 15 tonnellate annue prodotte oggi da un cittadino Usa). per dimostrare che non è poi così poco Andy Pag, un ambientalista, sta provando a fare il giro del mondo a bordo di un bus alimentato a biodiesel, ricavato dall’olio di cucina, cercando mantenersi sotto la soglia fissata dal G20. Partito da Londra, Pag ha già percorso 3mila miglia, facendo tappa in Francia, Svizzera, Italia e Turchia e raccontando il suo viaggio in un blog. Obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del riscaldamento globale. Una sfida a cui tutti siamo chiamati a rispondere, non importa se con l’olio fritto o con gli ultracapacitor.
Elvira Pollina
20 ottobre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA